Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/481


dal kama al volga 419

Doveva avvenire ben diversamente. In certi viaggi non bisogna mai far delle previsioni. Prevedere è un deplorevole atto d’orgoglio, un fissare i limiti al destino. Il destino volle vendicarsi ed umiliarci.

Verso le undici avevamo percorso una trentina di verste dal Kama. La strada migliorava, si prosciugava. Il tempo s’era rischiarato. Profittammo di queste favorevoli circostanze per aumentare la velocità. La ruota malata ricominciò a scricchiolare.

Dopo dieci minuti cigolava. Proseguimmo — che altro fare? — e il cigolìo si cambiò in uno stridore più alto. Pochi metri ancora, e poi uno schianto. Ci fermammo. Il Principe saltò a terra ad osservare la ruota, e mandò un’esclamazione di sorpresa dolorosa.

— Che c’è? — gli chiesi.

— È finita! — rispose — non possiamo fare un passo di più!

Infatti i raggi della ruota s’erano completamente separati dal cerchione; girando entravano e uscivano dagli alveoli; vi entravano nella parte bassa della ruota, pressativi dal peso della vettura, e ne uscivano risalendo nel fare il giro.

Non potevamo essere colpiti da un danno maggiore. Eravamo fermati e per un tempo incalcolabile, in mezzo ad una campagna disabitata, a centinaia di chilometri dalla ferrovia. Fu un momento di costernazione. Tacevamo, guardando la ruota sconnessa con delle occhiate malevoli d’un inutile rancore.

— Ed ora? — ci chiedemmo dopo qualche minuto.

— Tante fatiche! tante difficoltà superate! — sospirava Ettore. — Per arrivare qui....!

— Non si può nemmeno far trascinare l’automobile dai cavalli — osservai — senza una ruota!

Borghese pensava. Poi, da uomo pratico, disse:

— Andiamo per ordine. Quale è la cosa più urgente? Arrivare in un luogo abitato; il più vicino. Non possiamo già rimanere in mezzo alla strada. Fatto questo primo passo, penseremo al secondo. Vediamo un po’ l’itinerario.