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304 capitolo xiii.


se ne sappiano le cifre ma non le idee; che se ne conoscano le ricchezze inerti ma non le energie; che si confonda il siberiano di ieri con quello d’oggi, e non si preveda il siberiano del domani. La Siberia riserba delle grandi sorprese. L’asserzione dei siberiani colti che “la Siberia è la parte più progredita dell’Impero russo„ potrà diventare una verità. È quello un paese che s’è popolato di esiliati, cioè d’intelligenti, d’emigrati, cioè di gente d’iniziativa, e di cosacchi, cioè di audaci. Vi sono gli elementi d’un popolo scelto. Esso accoglie macchine e idee moderne. La ferrovia transiberiana, costruita unicamente per la conquista, ideata come una strada militare, produce sul suo passaggio una lenta e inaspettata rivoluzione. Ma io divago.... torniamo nel buffet della stazione di Tankoy.

In quel buffet, ad un certo punto entrò un gruppo d’una quindicina d’uomini, i quali, ad onta dei grossi cappotti del paese, degli stivali alla cosacca, dei berretti di pelo, avrebbero rivelato ad un miglio di distanza che non erano russi. Come non riconoscerne di colpo la nazionalità guardando i loro occhi neri e vivaci, le loro fisionomie espressive, le loro gesticolazioni impetuose? Ci rivolgemmo a loro con lieta meraviglia:

— Come mai qui? — chiedemmo salutandoli — Tanti italiani in quest’angolo della Transbaikalia?

— Lavoriamo in una miniera di carbone, vicino; abbiamo saputo del vostro passaggio, e siamo venuti a salutarvi. Bravi! Viva l’Italia!

Le domande e le risposte incominciarono ad incrociarsi:

— Un duro viaggio, eh?

— Venite dunque da Pechino? Io ci sono stato quando lavoravo sulla ferrovia di Pao-ting-fu.

— Conosciamo le strade cinesi! Siamo stati un anno a far ponti sulla linea della Manciuria.

— A far ponti?

— Sì. Ponti ferroviari.

— Ma non lavorate in una miniera?