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un ponte che crolla 301


vecchia strada, ma i due operai, mandati in esplorazione, tornarono dicendo che su quel tratto tutti i ponti più grandi erano crollati. E ci rimettemmo a galloppare sulle traverse della linea. Tankoy si avvicinava. Ad un nuovo passaggio a livello un guardiano ci corse incontro facendo dei segnali. Raggiuntici, tutto ansante, ci gridò:

— Uscite! Viene il treno! È partito da Tankoy!

L’automobile fa per uscire, presso alla casella cantoniera, Quel che vedevamo attraversando la Taiga ma in quel punto le traverse sono scoperte, le ruote incastrano e tutti gli sforzi del motore sono impotenti a smuovere la pesante vettura. Gli uomini spingono, ma inutilmente. Bisognerebbe sollevare la macchina. Udiamo il fischio del convoglio che si avvicina, nascosto a noi da una voltata. Non c’è tempo da perdere. Con delle vecchie traverse, che erano ammucchiate lì a fianco della linea, si cerca febbrilmente di creare alle ruote dei piccoli piani inclinati che le aiutino a saltar fuori dai loro incastri. Il motore palpita violentemente. Intanto udiamo il rombo del convoglio e ne vediamo lontano il fumo fra gli alberi. Borghese mi grida: