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300 capitolo xiii.


Aspettammo il passaggio d’una locomotiva, segnalato telegraficamente da Missowaja. La locomotiva passò come un fulmine. Rientrammo sulla linea. Il capostazione volle accompagnarci, e lasciammo a terra il gendarme, che non sembrò molto dispiacente di abbandonare l’automobilismo dopo averne conosciuto da vicino i pericoli. Il capostazione prese il posto del montatoio, il Principe si sedè sulla spalliera dei sedili. Ettore guidava, io fui caricato nel seggio vicino a lui, e due dei più forti operai si attaccarono dietro, con i piedi sulle sporgenze delle molle, afferrati alle corde del bagaglio come staffieri ai cordoni d’una carrozza di gala. Sei persone e un carico di roba sulle spalle della macchina, che non pareva accorgersene troppo. Correvamo, come al mattino, lungo i binari. Il capostazione consultava ad ogni momento l’orologio: aspettava due treni, uno da Tankoy, uno da Missowaja. Ad un passaggio al livello ci fece lasciare la ferrovia per riprendere la strada maestra. Forse voleva dimostrare la sua perfetta buona fede nel consiglio che ci aveva dato al mattino. Ai ponti gli operai scendevano e correvano a ispezionarli. Quando il loro giudizio era dubbioso, il capostazione gridava:

— Avanti! Alla massima velocità!

E ci slanciavamo con tutta la forza. Per i ponti in piano, quelli che non avevano “schiena d’asino„, il consiglio era eccellente. In due, tre secondi ci trovavamo dall’altra parte, e la resistenza d’una tavola o d’una trave è in ragione inversa del tempo. Ogni parte del ponte non sopportava che per un attimo quasi incalcolabile il peso dell’automobile, e non aveva il tempo di spezzarsi. Ad ogni ponte superato, il nostro pilota esternava rumorosamente la sua soddisfazione, batteva le mani, gridava comandi entusiastici come un ufficiale sul campo di battaglia:

— Avanti! Coraggio! Forza!

Sopra un rivoletto dovemmo costruirci una passerella. Fu l’affare di cinque minuti. Udimmo passare il treno di Missowaja, e poco dopo arrivammo ad un altro incrocio a livello. Il capostazione voleva continuare a comandare la sua battaglia sulla