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294 capitolo xiii.


soddisfazione, che non provavo alcun forte dolore, e d’aver pensato più volte: “Finora tutto va bene!„. Contavo di averla scampata, quando mi avvidi che il gran dorso dell’automobile eretto mi si rovesciava lentamente addosso. La scatola dell’oliatore, situata ai piedi del conducente, era venuta a trovarsi perpendicolarmente sulla mia testa, e m’inondava di flotti d’olio caldo. Ne ero intriso tutto, e lo sentivo colare sul viso. In quell’istante mi accorsi che i due seggi che il Principe ed Ettore occupavano un momento prima, erano vuoti.

Sotto alla minaccia di rimaner schiacciato, tentai di sfuggire. Ma mi fu impossibile; mi trovavo incastrato fra i bagagli e il tavolame caduto. Inutilmente adunai tutte le mie forze per sottrarmi al pericolo. Per fortuna una trave provvidenziale aveva fermato l’automobile nella sua lenta rotazione. Udii, in alto, la voce di Borghese urlare con espressione di dolore. Vidi le sue gambe stivalate che si agitavano disperatamente sopra di me, gocciolanti esse pure d’olio. La sua voce tacque subito. Nello stesso tempo Ettore comparve al mio fianco gridandomi:

— Esca, esca di lì!

— Non posso! — gli risposi.

— Ma fugga dunque! — mi ripetè ansiosamente — Svelto! Se la trave si rompe lei è morto!

— Non posso! — replicai — Aiutami tu, tirami fuori!

Egli mi afferrò energicamente per le ascelle e mi strappò da quelle strettoie. Ci ritrovammo tutti e tre, in piedi, chiedendoci notizie l’uno dell’altro, scambiandoci espressioni di soddisfazione intensa. Osservando la posizione dell’automobile, esclamavamo:

— È incredibile! Siamo salvi per miracolo!

Borghese, quando l’automobile sprofondava, con uno slancio istintivo s’era voltato indietro aggrappandosi ad una trave, ed era rimasto così, sospeso, finché la macchina, rovesciandosi, non era andata ad appoggiarsi precisamente sulle sue spalle. Egli si era trovato stretto fra la trave e il cofano del motore, compresso, soffocato. In quel momento aveva mandato gli urli che mi avevano