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286 capitolo xiii.


le scosse d’un lungo tragitto sulle traverse non potevano avere le più gravi conseguenze sulla rigidità e sulla solidità della macchina? Rispondevamo a tutto: Vedremo! — e andavamo avanti.

Volevamo entrare sulla linea dalla piccola stazione vicina al fiume Mishika, dove ci eravamo fermati due giorni prima. Il singolare viaggio sarebbe cominciato nel luogo stesso ove ne era nata l’idea. Il prossimo treno per Irkutsk non sarebbe passato da Missowaja che alle otto, e il prossimo treno per Verkhne-Udinsk sarebbe passato a mezzogiorno. Avremmo avuto il tempo, fra l’uno e l’altro, di raggiungere la stazione di Tankoy ad un sessanta verste da Missowaja. Tankoy è l’erede navale di Missowaja; il nuovo porto dei ferry-boats, preferito perchè più vicino alla sponda occidentale del lago: la traversata dei battelli fra Tankoy e la stazione di Baikal, sulla riva sinistra dell’Angara, è soltanto di quaranta chilometri. Vi sono dei fiumi più larghi di così, come il Parà a Belem, e la Plata a Buenos-Ayres.

Rifacemmo pazientemente la vecchia strada solitaria, così pittoresca e così difficile, con i suoi innumerevoli ponticelli cadenti, le sue discese ripide e le sue salite che bisognava prendere d’assalto, ora serpeggiante presso la serenità del lago, ora internata nell’ombra della foresta. Profittavamo del vantaggio di conoscerla; la prodigiosa memoria di Borghese la ricordava tutta. Egli diceva ad Ettore, che guidava: Ora viene un salto; frena! Adesso troviamo quel ponte che pende a destra; tienti a sinistra! — Ma tutta questa prescienza non valse a farci camminare con una velocità media superiore ai nove chilometri all’ora. E soltanto verso le otto arrivammo alla piccola stazione presso alla Mishika.

Ritrovammo il capostazione, e il gendarme — quello che voleva telegrafare ai suoi superiori. Il capostazione non aveva ricevuto alcun avviso del nostro permesso. Il gendarme sì. Questi ci disse che tutti i gendarmi ed i soldati vigilanti lungo la linea avevano ricevuto da Irkutsk l’ordine di lasciarci passare. Il capostazione dichiarò: