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284 capitolo xii.


strare la famosa lettera; ma questa volta furono i gendarmi che ci porsero una carta, salutando con tutto il rispetto. Era il permesso, l’atteso, il sospirato permesso del Governatore generale della Siberia. Chi osava dir male della burocrazia? Noi ne eravamo entusiasti. Le prodigavamo le espressioni della più grande simpatia. In verità l’autorità russa si mostrava con noi di una cortesia, d’una premura, d’una ospitalità indimenticabili. Il permesso che ricevevamo era straordinario, unico.

Dunque, eravamo autorizzati a camminare con l’automobile sulla linea ferroviaria, ad attraversarne tutti i ponti, e ad arrivare così ad Irkutsk, se fosse stato necessario.

— Cosa dobbiamo fare? Quando possiamo partire? — abbiamo chiesto ai gendarmi.

— Potete partire quando volete. Il personale sulla linea è avvertito. Alle stazioni vi diranno quando la linea è libera.

Abbandonammo, naturalmente, gli orsi alla pace delle loro foreste, e trascorremmo il resto della giornata a prepararci a quella singolare traversata fra binari, scambi, segnali, da stazione a stazione.

Andavamo incontro alla più drammatica avventura di tutto il viaggio.