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sulle rive del baikal 267


laggio, in mezzo a boschi sconfinati, per una pittoresca strada coperta d’erbe.

Dopo la costruzione della ferrovia, quelle parti dell’antica strada siberiana che attraversano regioni disabitate, e che non servono al piccolo traffico tra villaggio e villaggio, sono state abbandonate. La natura le riconquista a poco a poco. I boschi tornano ad invadere quello spazio che era stato loro rubato dagli uomini, avanzano dai bordi nuove piante, sporgono il verde giovane degli ultimi germogli, declinano sull’antica strada i rami che furono piegati o schiantati dal peso della neve, gettano su di essa i tronchi morti, spezzano le staccionate marcite, abbattono i vecchi limiti, irrompono da ogni parte. Dovevamo ogni tanto abbassare il capo per evitare i rami. L’erba era stata la prima a riprendere possesso. Quella strada si sta rimarginando come un’immensa ferita fatta alla terra. Guarisce sotto una coltre fiorita. Eravamo in mezzo ai fiori: ciuffi di anemoni, di botton d’oro, di ranuncoli, di primole, di fior di fragola, tutta una festa di colori e di profumi che usciva fuori dall’ombra degli alberi. La primavera siberiana ha una violenza rigogliosa, quasi per compensarsi d’essere stata ritardata dai ghiacci. Noi gustavamo quel trionfo silenzioso delle piante, soggiacevamo al selvaggio incanto di quei luoghi ove non era traccia di lavoro umano che non fosse antica. In qualche punto dei corsi d’acqua creati dal disgelo avevano attraversato la strada, devastandola, scavandola, trascinandovi sassi e rami caduti, fuggendo il vecchio letto preparato dagli uomini, sottraendosi alla tirannia dei fossati e dei ponticelli. E i ponti scalzati, malfermi, tremavano sotto all’automobile, scricchiolavano. Non avevamo ancora imparato a temerli.

Nel mezzo alla foresta riavvicinammo la ferrovia che avevamo lasciato da alcune ore. Fra gli alberi intravvedemmo una vallata, udimmo uno scrosciare di acque, e in cima ad una breve salita ci si presentò un ponte. In quell’istante ci sentimmo chiamare:

— Fermatevi, uomini, fermatevi!