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CAPITOLO XII.


SULLE RIVE DEL BAIKAL

Lungo la Selenga — Una salita ribelle — Nel fango — La via abbandonata — La Bolshaja Rieka — Missowaja — Un tentativo inutile — Nell’attesa d’una risposta — Un’autorizzazione straordinaria.

Alle quattro del mattino del 27 Giugno eravamo nuovamente sul grande battello della Selenga per ritornare alla sinistra del fiume — lungo la quale serpeggia la strada che conduce al Baikal. Questa volta trovammo che l’imbarcazione era intenta a traghettare verso Verkhne-Udinsk una folla di carri che veniva dalla campagna. Era la scena della sera precedente, rovesciata. Da mezzo al fiume gridammo ai mujtks e ai buriati di tenere ben fermi i loro cavalli. Avevamo già constatato la decisa e irreconciliabile antipatia del cavallo siberiano per l’automobile. L’incontro d’un leone non avrebbe provocato nei mansueti cavalli dei contadini un maggiore orrore ed un maggiore terrore. Le povere bestie attaccate cercavano disperatamente di sfuggire alla telega; arretravano squassando la testa, si sollevavano sulle zampe posteriori nitrendo di paura, si gettavano da un lato con moto violento, si rivolgevano, e finivano quasi invariabilmente a trovarsi, sbuffanti e tremanti, col muso verso la telega, nella condizione meno favorevole alla fuga. Tutto questo senza che i contadini meravigliati muovessero un dito per impedirlo. Essi non avevano