Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/296

246 capitolo xi.


fini, che non è asiatica e non è europea, così diversa dalla Cina come lo è dalla Francia — era la Russia che ci afferrava. Alessandro II, mi pare, diceva che la Russia era la sesta parte del mondo; ed è vero. La meravigliosa uniformità di questo impero ne fa una cosa a sè.

Quel cambiamento ci estasiava. Ci trovammo improvvisamente in un mondo più simile al nostro. Usciti dai boschi vedemmo dei campi cinti da rozze staccionate fatte con giovani tronchi di pino: era la prima divisione della proprietà, il primo segno di possesso della terra che ritrovavamo dopo migliaia di chilometri. Fra i campi, delle isbe nere ed antiche. La pioggia rendeva tenui i colori lontani della campagna stendendovi una bruma sottile, e rinvigoriva i colori vicini; le piante lavate acquistano una non so quale vivacità. Anche questi effetti della pioggia ci piacevano, queste colorazioni intense, questi veli di vapore, perchè l’occhio nostro ne aveva perduto l’abitudine; e vi ritrovavamo delle espressioni di paese noto. Incontravamo delle teleghe condotte da mujiks dalla camiciola rossa e il berretto di pelo; alcuni avevano sui calzoni una larga banda gialla e portavano un berretto militare: erano cosacchi fuori servizio. Qualche tarantas ogni tanto, simile ad una barchetta di cuoio fra quattro ruote — una delle più solide ed incomode vetture del mondo nella quale si viaggia sdraiati su della paglia — passava al trotto di vecchie rozze frustate con larghi giri di braccio da cocchieri buriati. Ogni tanto un gruppo di rustiche casette presso alla strada, e sulla più grande di esse uno stemma con l’aquila bicipide: era una stazione di posta. Ecco la diligenza postale, bassa come una slitta, attaccato a troika, lanciata al galoppo sopra una salita. Viene da Ust-Kiakhta. I passeggieri incappottati, coi berretti di pelo calzati fino alle orecchia, si sporgono curiosamente ad osservarci.

La strada era stata terribilmente calunniata dai nostri amici di Kiakhta. Ce ne avevano detto tanto male, che quasi finivamo col trovarla eccellente. Essi erano stati d’accordo nel dichiararla peggiore della strada per Urga. In fondo ciò è naturale: non co-