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sulla via di kiakhta 231


porsi all’invasione. La città russa e quella cinese non sono qui lontane, come ad Urga, ma si toccano. Hanno l’aria di urtarsi, di sospingersi, di disputarsi il terreno palmo a palmo. La zona neutra è di pochi passi — una piccola radura erbosa sulla quale s’erge, simile ad una sentinella, l’alto pilastro che segna la frontiera. La vicinanza non ha prodotto intimità. Da una parte, quel che v’è di più cinese; dall’altra, quel che v’è di più russo. Una città che potrebbe esistere sul Volga, è unita ad una città che potrebbe esistere sul Jang-Tsze-Kiang.

Quel che ci sorprese in Maimachen fu appunto di ritrovarvi le caratteristiche più vivaci della Cina. Somigliava meno ad un paese del Chi-li che ad un paese dell’Hu-pe; era più del sud che del nord dell’Impero. Infatti i suoi abitanti vengono tutti dalle vicinanze di Han-Kow, dal cuore stesso della Cina. Vengono dalle regioni del thè, e per il thè. Kiakhta e Maimachen debbono unicamente al thè, che giunge (o meglio che giungeva) su lunghe file di cammelli attraverso il deserto, la loro esistenza. Kiakhta è venuta a prenderlo, e Maimachen a consegnarlo. Quel luogo è stato per secoli il centro d’uno dei più grandi mercati del mondo. Il commercio del thè ha creato ricchezze favolose da Han-Kow a Mosca; il suo passaggio ha lasciato un solco di prosperità su due continenti; è una delle più vive sorgenti di lucro di due popoli. Questi due popoli si sono dati un perenne convegno d’affari in quelle solitudini. Maimachen e Kiakhta sono la Cina e la Russia che contrattano.

Gli abitanti di Maimachen hanno portato lì tutti i loro costumi, i loro usi, i loro gusti. I muri esterni delle loro case sono rozzi, eguali, nudi, grigi, perchè il cinese non mostra il suo lusso ai passanti, ma ad ogni porta aperta vedevamo l’interno di grandi corti variopinte, e sulle imposte, sugli schermi a paravento messi a fermare gli sguardi degli estranei, sui pilastri, era un attorcersi di draghi e di chimere di colori vivaci, un gestire di immagini bizzarre, un volare di fenici in mezzo ad un intreccio di ornamenti tradizionali, un risplendere di grandi caratteri cinesi dorati