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sulla via di kiakhta 229


Era l’addio della Mongolia. Assistevamo ad un fenomeno abbastanza frequente in quelle regioni: ad una tempesta di sabbia. Ci trovavamo in un vortice d’aria. L’automobile ne era tutta scossa; noi ci tenevamo sottovento, vicino alla macchina. La sabbia scorreva al suolo, come un fluido, formava delle correnti gialle, si accumulava, si innalzava a mulinelli. La massima violenza non durò che pochi minuti; e dopo mezz’ora il vento cadde del tutto, A Missowaya. — L’automobile nella casa dello Staresta. con la stessa rapidità con la quale era venuto. Vedemmo l’uragano allontanarsi, come si vede fuggire sulla terra l’ombra delle nubi.

Kiakhta non doveva trovarsi lontana. Erano le quattro e mezza del pomeriggio. Volevamo arrivarvi in tempo per compire prima di sera le operazioni di dogana e dormire sul suolo russo. Cercavamo di affrettare la marcia, ma la strada ci condusse su delle dune nelle quali le ruote affondavano. La sabbia era smossa ed alta, ed offriva una resistenza sempre più grande. Le ruote motrici cominciarono a girare senza procedere, scivolando. Il motore si affaticava e si riscaldava, e il vapore usciva sibilando dal radiatore. Ci mancava l’acqua, e per timore d’“ingranare„, cioè