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la città del deserto 173


sabilmente indiscreta. Ettore credette giunto il momento di rimettere in moto la macchina, e diede due vigorosi giri alla manovella. Il motore entrò in funzione strepitosamante, ruggendo. Lama e cani fuggirono a precipizio verso la città sacra....

Per fortuna avevamo compreso che la strada del telegrafo si inoltrava all’est per stretti passaggi serpeggianti fra le roccie. Non so come l’automobile riuscì ad arrampicarsi su certe ripide salite fin sopra un’alta spalla della collina, ad attraversare una specie Dopo un affondamento nei terreni paludosi in vicinanza di Urga. di corridoio fra dei macigni, a scendere dall’altra parte. Il fatto è che arrivammo in un prato dov’era già scesa l’ombra, e in mezzo al prato trovammo la terza stazione telegrafica della Mongolia, piccola come le sue consorelle, come loro costruita col fango, e pure così seducente alla nostra immaginazione.

— Sapete? — ci disse il telegrafista cinese con grande premura — È passata un’altra automobile. Andava ad Urga.

— Possibile!

— Si. E non si è fermata. Correva veloce come il vento.