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Isola del Garda — Settembre 1907.

Caro Barzini,


Dunque c’è chi dice che dopo tutto: — dopo le nostre fatiche di due mesi, dopo le roccie e i fiumi, le sabbie e le foreste, i fanghi e i banchetti a traverso ai quali siamo passati — c’è chi dice che il nostro viaggio una cosa sola ha dimostrato, che cioè: non si può andare in automobile da Pechino a Parigi.

La proposizione ha qualche cosa di bizantino nel suo semplicismo; ma, diciamolo, è letteralmente precisa e noi abbiamo dimostrato appunto questo: che oggi, servendosi del solo motore di un automobile, è impossibile recarsi — continuamente e mollemente seduti sui cuscini della medesima — da Pechino a Parigi. Non sarebbe cioè finanziariamente prudente, oggi, in base alla nostra esperienza, creare una linea regolare di automobili destinata a condurre le piccole ed elegantissime canzonettiste chinesi, senza punto affaticare i loro minuscoli piedini, dalla capitale del Celeste Impero al Moulin Rouge.

Ma al disopra e all’infuori di questo desiderato massimo, la Pechino-Parigi nulla di positivo ha dunque dimostrato?

Io torno col pensiero a Kiakhta, nella casa disadorna del milionario, dove la padrona veniva dalla cucina alla sala da pranzo, col suo largo e bonario sorriso sul volto, e copriva la tavola di lunghe file di bottiglie di vino generoso, di piatti capaci sui quali erano spezzati i montoni e i vitelli e dai quali