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simpatie oneste e sincere degli italiani, perchè il loro passato nella storia e nella politica rispetto alla monarchia continua ad esercitare tale influsso da non permettere che si applichino per essi le teorie dell’equiparazione civile e linguistica come per gli altri cittadini dello Stato». La posizione degli italiani nella Monarchia austro-ungarica vi è fedelmente descritta; essi non hanno i diritti degli altri popoli per colpa dell’influsso della loro storia. Ecco la grande, perenne accusa, che si ripete contro di loro, e che li pone al bando. In altre parole essi sono imputabili d’irredentismo.
Senonchè l’ostilità del Governo contro l’italianità nelle provincie italiane dell’Impero è cominciata assai prima di ogni possibilità d’irredentismo. Quando l’Austria sopprimeva le scuole italiane aperte da Napoleone e le sostituiva con scuole tedesche, quando proibiva a quelle popolazioni di mandare i loro figliuoli alle università di Padova e di Pavia, che pure erano università austriache, quando dal 1824 al 1834 respingeva sei domande per l’istituzione di un ginnasio italiano a Trieste, quando dal 1830 al 1838 rifiutò di spendere a Trieste i denari del fondo scolastico triestino, quando alle domande ripetute di scuole italiane fatte nel 1838, 1839, 1840, rispondeva erigendo il ginnasio tedesco ed obbligando la città a contribuire alla spesa, l’Austria faceva già una politica anti-italiana, e l’irredentismo era al di là di ogni profezia.
E anche dopo, per lunghi anni, non c’è sacrificio che Trieste non abbia fatto per disperdere le prevenzioni ostili del governo, per vivere in pace; esagerava il gesto come chi sa di essere sospettato, decretava la cittadinanza d’onore a Radezski, erogava fondi pubblici a sollievo delle finanze dello Stato, faceva manifestazioni pubbliche di fedeltà all’impero. A che cosa le giovò? Venne il 66 e la politica slavizzatrice s’iniziò, piena di rancore fresco contro l’italianità.