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liani in qualunque via, e sopra tutto per rallentare lo sviluppo della scuola media.

Poi si è portato un ostacolo agli studi elementari, con tutti i mezzi, dal non concedere il diritto di pubblicità a delle scuole private italiane, fino ad impedire addirittura ii sorgere di nuove scuole pubbliche. Il numero delle scuole è stabilito dal numero degli abitanti, e una città che, come Trieste, aumenta di 30.000 anime in cinque anni, ha bisogno di aumentare in proporzione i propri istituti scolastici. Negli ultimi cinque anni l’unica scuola nuova che si è costruita a Trieste è slava. La Luogotenenza sopprime dal bilancio comunale le somme stanziate per la creazione delle nuove scuole italiane. Ora è il pretesto delle spese eccessive e dello sperpero, ora quello delle tendenze nazionali, ora quello della incompletezza dei piani presentati. Si spera forse che, la scuola italiana non bastando ad accogliere tutti, quella slava ne profitti. Le scuole elementari italiane rimediano eroicamente con un sistema di turni che raddoppiano la potenzialità di alcuni edilizi scolastici. E si va avanti.

È stato proibito di intitolare a Dante e a Petrarca le due più recenti scuole medie a Trieste, le quali debbono per comando scegliersi il titolo fra i nomi della famiglia imperiale o contentarsi di un numero d’ordine. Ma ben altro pericolo minaccia le scuole medie italiane, il cui incremento è magnifico. Non potendole più soffocare, il governo le reclama. Vuole averle nelle sue mani. Si è accorto improvvisamente di non aver mai fondato una scuola italiana, e invece di fondarne pretende quelle degli altri. I suoi intendimenti non lasciano equivoco. Nell'estate del 1913 il Luogotenente ha mandato al Comune un rescritto, perentorio, minaccioso e insolente come quasi tutte le sue comunicazioni ai magistrati cittadini, dicendo che se la cessione delle scuole medie al governo non era fatta subito spontaneamente, il governo avrebbe agito senza impegnarsi a mantenere in esse l’uso della lingua italiana.