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in essa contenute. Recentemente la polizia, in forza di questo diritto, ha pubblicato che non è vero che nella nota dimostrazione gli sloveni sono arrivati sotto al Consolato italiano a gridare «Abbasso l’Italia»; e mentre tutti sanno che è sacrosantamente esatto, la rettifica ufficiale suggella la verità.
Vi è stato persino un periodo in cui il Piccolo era obbligato a stampare nelle sue colonne della propaganda slovena, per l’abusiva interpretazione di un altro diritto di rettifica, con il quale qualunque cittadino che si senta leso dalla pubblicazione di dati di fatto inesatti, può imporre una smentita con altrettanti dati di fatto, lunga fino al doppio dell’articolo dal quale trae origine, da stamparsi nella stessa parte del giornale e con gli stessi caratteri. Una sentenza di Tribunale obbligò il Piccolo a considerare come rettifiche legali delle lunghe apologie slovene che pretendevano rispondere ad articoli del giornale, ed a stamparle. C’è della derisione e dell’oltraggio. È come essere costretti ad aprire la propria casa ai nemico perchè vi spadroneggi e vi porti l’espressione più offensiva e beffarda del suo odio. E bisogna tacere.
Il giornalista onesto che vede, che sa, che sente, deve vivere laggiù quell’atroce sensazione di chi nell’orrore dell’incubo vuol gridare disperatamente aiuto e si accorge che non ha voce.
Due pesi e due misure.
Il giornale italiano in Austria, vive sotto la mira costante dell’arbitrio. Deve spesso ridursi a riportare dai giornali viennesi delle corrispondenze su fatti di cronaca locale, che non potrebbero essere raccontati direttamente senza la salvaguardia di un titolo di giornale austriaco. L’opinione pubblica italiana non deve essere illuminata, guidata, e ben sovente nemmeno informata.
È inutile dire che la stampa slovena è libera, che l’Edinost può lanciare su terra italiana tutti i gridi che vuole contro l’italianità, servire da coordinatore ed aiz-