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Recentemente gli sloveni si sono accorti di potere avere un ginnasio sloveno. La grammatica slovena è nata e si è formata da poco, e la lingua slovena, primitiva, mancava finora di una terminologia sufficiente per gli studi secondari (questa è la civiltà che viene opposta all’italianità) di modo che scuole superiori slovene avevano bisogno di usare la lingua tedesca; oltre le elementari, le scuole erano perciò slovene-tedesche. Ora i progressi fatti sono sembrati sufficienti per emancipare il virgulto sloveno dal sostegno tedesco, e un ginnasio puramente sloveno sorge. Dove? A Gorizia. Come un ginnasio croato è sorto a Risino; come una scuola magistrale sorge pure a Gorizia, per creare artificialmente delle correnti d’infiltrazione, per formare dei focolai slavi, per allacciare degl’interessi anti-italiani in centri italiani, per insinuare una punta di cuneo nelle membra più vive dell’italianità. E sono 65 anni che non si trova il posto per una università italiana, che fin dal 1848 la Commissione Direttiva del Municipio di Trieste chiedeva al governo, ritenendola indispensabile.
Ma l’opera di sopraffazione non si limita a quello che abbiamo esposto. C’è ben altro. Conseguenze più dolorose ha la violenta slavizzazione della giustizia. I tre tribunali esistenti a Trieste, e cioè quello provinciale, quello commerciale e quello di appello, sono tutti e tre presieduti da magistrati slavi. I giudici italiani, saltati nelle promozioni, sono pensionati e sostituiti con slavi. Proprio in questi giorni due degli ultimi italiani rimasti nella magistratura sono stati messi a riposo. Fino nel personale subalterno la giustizia si fa slava. Degli avvocati slavi sono arrivati dall’interno e si sono messi all’opera. E mentre la legge non ammette che i tribunali di Trieste siano bilingui, le lingue slave vi hanno usurpato una posizione minacciosa.
Gli slavi che vivono nei territori italiani, ed anche più in là, parlano correntemente la lingua del paese, tanto è vero che anche nelle dimostrazioni non gridano che in italiano, e che nella Narodni Dom, la sede della agitazione slovena, si sono dovuti affiggere tanti cartelli con su scritto: «È proibito di parlare italiano». In tribunale, fino a pochi anni fa, se per caso un imputato