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Questi procedimenti danno alla lotta degli aspetti strategici; sono delle prese di posizione; costituiscono degli attacchi che possono venire segnati sulle carte come i movimenti d’un nemico; l’offesa e la difesa assumono la forma palpitante di una battaglia combattuta; le città sono piene di quella risoluzione guardinga di chi aspetta la sorpresa; tutti si chiedono quale sarà il nuovo colpo. L’invasione risponde a dei calcoli elettorali; è intesa a portare squilibri nelle forze di certe circoscrizioni. Un anno di permanenza dà diritto al voto. L’assolutismo sarebbe una salvezza garantita, ma la tirannia di un sistema rappresentativo come quello austriaco si presta ad ogni violenza.
Esso permette di snaturalizzare apparentemente delle regioni con lo spostare i confini di una giurisdizione. Spieghiamo il fatto. Dalle origini della storia gli italiani abitano le regioni costiere e da dodici secoli essi confinano con gli slavi. Il popolano istriano dice anche oggi «Imperio» all’interno, mantenendo per tradizione l’antica linea di divisione fra la sua terra italiana ed il paese interiore. Per bilanciare, e col tempo soverchiare, l’italianità purissima delle città e della campagna costiera, si sono create delle giurisdizioni artificiose, che aggregano vaste porzioni di territori abitati da slavi a pezzi di città. Ogni distretto elettorale della città di Trieste, per esempio, ha annessa una larga zona di campagna slovena che dovrebbe far parte di altri centri comunali. Per schiacciare l’italianità di Zara, quando fu dato il suffragio universale, nel 1907, alla città furono annessi tanti distretti croati da costituire il più vasto collegio elettorale della Monarchia Austro-Ungarica, con circa 20.000 elettori, mentre in Austria numerosi collegi non hanno 2000 elettori. I limiti naturali delle giurisdizioni dati dalla terra, dalla razza, dalla storia, dagli usi, ed anche dai concetti amministrativi delle autorità austriache in tutte le altre parti dell’impero, sono violati nelle provincie italiane.