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Ai funzionari italiani è stata chiusa ogni carriera; essi sono saltati nelle promozioni, liquidati, dispersi. A Trieste non vi sono quasi più impiegati governativi italiani, salvo nei subalterni dove rappresentano l’1.25 per cento. Persino i portalettere sono slavi, slavo è il direttore della posta, e i concorsi per tanti impiegati non sono nemmeno più annunziati nelle stesse provincie italiane alle quali gl’impieghi sono destinati. Non si salva nemmeno la forma. Il concorso per i posti di ingegneri della luogotenenza è stato un mistero per gl’italiani, e i posti sono stati dati a sei boemi.

Gli sloveni della regione con la migliore volontà non potevano fornire tutti i funzionari necessari, e il Governo ne ha presi da Praga, da Lubiana, da Gratz; ogni paese è buono purchè slavo. È regola costante nell’amministrazione austriaca che gl’impiegati conoscano perfettamente la lingua della regione alla quale sono destinati, ma trattandosi di slavizzare si deroga da questa consuetudine per gli impiegati destinati alle terre italiane. Di modo che in certi uffici, come al Catasto, si slavizzano per deficienza ortografica anche i nomi delle località e delle persone.

La sostituzione degli slavi agl’italiani in tutti i dicasteri dello Stato, e fuori fin dove può giungere la volontà governativa, ha non soltanto lo scopo d’influire e di pesare direttamente sulla vita italiana con tutti gli organi e l’azione del potere, ma anche di formare nuclei di popolazione slava che s’incastrino nella massa italiana delle città, che s’insedino materialmente compatti in certi quartieri, per costituire dei centri d’interessi e di attrazione agli slavi di fuori, i quali sono protetti in ogni loro inizio. Non è un’immigrazione, è una importazione. In un sol colpo, due anni fa, settecento Famiglie di ferrovieri sloveni furono concentrate nel quartiere di San Giusto a Trieste — tre o quattro mila persone — e quattrocento famiglie di ferrovieri sloveni vennero stabilite a Gorizia. Si cerca di evitare la dispersione degl’invasori nella popolazione, perchè la cultura italiana ha troppa potenza di fascinazione e di assorbimento; si creano aggruppamenti che resistano e che crescano nel corpo dell’italianità come tumori fino ad ucciderla.