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regolamenti, di leggi capziosamente interpretate, e penetra per tutto, immobilizza, chiude, stringe, soffoca, a grado a grado, impercettibilmente, quelle attività e quegl’interessi italiani che cadono nel raggio del suo lungo e lento gesto. Con questo potere la polizia spesso impedisce quello che non può proibire. Negando o non concedendo le patenti necessarie per la rivendita, essa ferma la circolazione di periodici e di giornali italiani che nessuna interdizione colpisce. Potrei citare varii casi, scelgo il più significativo: a Trieste non si sono dati permessi di rivendita per il Corriere dei Piccoli, il giornale più difficile a sequestrare che sia al mondo. Ma è uno strumento di educazione italiana.
Una formula di Governo.
Poichè l’eliminazione dell’elemento italiano è divenuta formula di governo, alla mentalità dei funzionari austriaci l’italianità non è più che un abuso da sopprimersi a beneficio degli slavi autorizzati. Fissandosi in mente questo concetto ufficiale di contrabbando, d’infrazione alle volontà superiori, di contravvenzione alle tendenze statali, col quale viene considerata l’italianità da parte delle autorità e della burocrazia slava, si afferra la logica dei fatti. Tutto si spiega. Si capisce come si sia potuto mettere sotto processo un povero i. r. impiegato giudiziario accusato di aver fatto battezzare sua figlia in italiano e di averla chiamata Mafalda, e non ci stupisce che il tribunale l’abbia condannato e nemmeno che la Suprema Corte di Cassazione di Vienna abbia confermato la condanna. L’aver diretto un concerto italiano ha procurato ad un impiegato un procedimento disciplinare, nulla di più chiaro. Tutta una nuova categoria di offese punibili sorge allo spirito. Anche le glorie italiane sono illegali, visto che non esistono sulle storie approvate dalla censura, ed è naturale che un capitano distrettuale abbia fatto svellere il leone di San Marco dalle mura di Monfalcone, con l’approvazione del Luogotenente, per stabilire che il passato è proibito per ordine superiore.