Pagina:Barzini - Gl'italiani della Venezia Giulia, Milano, Ravà, 1915.djvu/14


— 12 —


sotto l’accusa di perturbatori, espulsi — talvolta lo sono anche se non rispondono: basta che uno sloveno si dichiari insultato. Quando la giustizia proscioglie ed assolve da false accuse dei sudditi italiani e ne proclama l’innocenza, la polizia li reclama, li misura, li fotografa e li espelle come se niente fosse successo. Essa ha poteri speciali che le permettono di infliggere un po’ di prigione e di sfrattare senza giudizio per «motivi di speciale considerazione». Due marinai italiani accusati di furto da uno sloveno, riconosciuti innocenti, sono stati bertillonés ed espulsi. Il padrone di un trabaccolo, accusato di spionaggio, assolto, è espulso. Un italiano è stato espulso perchè il sindaco del suo paese ne domandava la presenza per una questione di famiglia. Che più?

I processi per spionaggio, per lesa maestà, per provocazione, contro nostri concittadini, fondati su futili motivi, sono innumerevoli. Nel luglio (1913) nove regnicoli erano in prigione per spionaggio. L’assoluzione, come abbiamo visto, non salva dall’espulsione. La polizia ha trovato un nuovo delitto: quello di avere avuto un processo. Esso le offre un vasto campo di attività anti-italiana. Si è stabilito un ufficio apposito per la ricerca di tutti i mandati d’arresto spiccati nel passato, anche il più remoto, contro sudditi italiani, e in base ad essi la polizia espelle anche quando è luminosamente provato che al mandato seguì un proscioglimento d’accusa o una assoluzione. Metodicamente la polizia ricerca presso le prefetture del regno i precedenti o semplicemente le note caratteristiche di tutti i regnicoli sui quali non trova niente da dire, e in ragione delle risposte, espelle. Così un bravo e rispettabile cittadino, da trent’anni impiegato presso una grande ditta commerciale, si è visto sfrattare per un piccolo furto boschivo commesso durante la sua adolescenza. Una condanna di analogo carattere è stata il pretesto di sfratto per un barbiere che da quindici anni lavorava a Trieste. Due ottimi e alacri operai impiegati in una ditta d’istallazioni elettriche sono stati espulsi perchè una questura aveva rintracciato di loro questa nota: «Dediti all’ozio e alle avventure galanti». Degli onesti cittadini sono stati sfrattati perchè il loro nome è stato ritrovato in vecchi elenchi di società