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il baluardo ripreso | 79 |
cima rimanevano attaccati come mosche alle
rocce, e perchè essi si prostrassero, gli austriaci
facevano cader giù dall’alto grosse pietre gridando:
«Ecco un sasso, uno, due, tre!». Nel
movimento istintivo di guardare in su, i nostri
si scostavano dalla parete e in quell’istante erano
visti da tiratori scelti annidati fra i massi.
Quando non potevano sparare su nessuno, i tiratori
nemici bersagliavano i feriti. Anche ieri,
durante il combattimento, dei feriti nostri sono
stati presi di mira e massacrati sulle loro barelle nella sella del Caviojo.
Dopo l’attacco mancato del 4 luglio, si è resa più intensa l’azione sul Seluggio, a occidente del Cimone, e alla confluenza dell’Assa, a oriente, per penetrare più addentro ai fianchi della posizione inaccessibile. Si è riusciti a passare l’Assa a Pedescala, cioè proprio dove l’Assa si getta nell’Astico, in un minuscolo delta chiuso fra enormi rocce come un cañon del Colorado. Gli austriaci erano alle spalle, sul Cimone, di fronte, sulle pendici dell’Erio e del Campolongo, sul fianco, lungo il ciglio orientale dell’altipiano di Tonezza. Tutte le strade erano distrutte dalle mine. La riva destra dell’Assa, che bisognava risalire, si presentava come un immenso spalto di roccia alto duecento metri sulla cui cornice si profilavano le trincee austriache. Avanti alle trincee si snodavano sette linee di reticolati. Non si poteva salire che