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nella regione riconquistata 47


tinaia di metri le rotaie della ferrovia, divelte e contorte dalle cannonate, serpeggiano in aria, sospese in un divincolamento strano, come se avessero tentato di fuggire.

Più tardi si arriva sull’altipiano e la strada è deserta. Si è sotto il tiro; le nuove posizioni nemiche sono di fronte. Esse sono sulle alture oltre l’Assa, sul Monte Erio e sulla Cima di Campolongo che domina il baratro dell’alta valle dell’Astico con le sue torri grigie. Ad ogni pochi passi gli austriaci hanno lasciato una linea di reticolati. Ogni loro passo in avanti è rimasto segnato da sterminate barriere di filo di ferro e di «cavalli di Frisia».

Fra le ondulazioni erbose della vasta conca di Asiago, circondata da un oscuro anfiteatro di montagne, numerosi villaggi agonizzano. Tresche, Fondi, Conca, non sono più che pittoresche apparenze. Ogni casa ha la sua ferita. Le strade sono ingombre di rottami. Intere pareti sono crollate come per un terremoto, dei tetti si sono rovesciati, e masserizie e travi sono ricadute all’aperto in confusione, sparpagliate dal ciclone ardente degli scoppi.

Il cannane nemico batte verso il Cengio, di tanto in tanto; fruga, cerca, e, non trovando niente, torna a mordere i paeselli, dilaniandoli ancora. Cesuna è bombardata, Canove è bombardata, Roana è bombardata, Camporovere è bombardata e un fumo di incendi lo sovrasta.