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l’eccidio degli inermi |
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parla. Gli ordini sono susurrati. Soldati e pompieri
si affannano taciturni fra le macerie, in
una cavità insanguinata, e raccolgono cose da
cui torcono lo sguardo. Si è rinunziato a riconoscere
i morti. Si cerca di riconoscere gli oggetti:
un orologio, un anello, il brandello di un
indumento. Le povere donne entrate là dentro
con i bimbi in braccio avevano quasi tutte
portato con sè, avvolte in un fazzoletto, le cose
più care, il povero tesoro della loro casa,
esili gioielli, piccoli gruzzoli di monete, e questi
oggetti vengono alla luce, spezzati, maciullati,
ma eloquenti. Di tanto in tanto un lavoratore
si solleva pallido, accenna fra i rottami
a qualche cosa che lui solo ha visto e si passa
una mano agli occhi con un gesto di oppressione.
«Coraggio!» — gli sussurra un ufficiale.
Il lavoro si fa cauto intorno al punto indicato,
diviene lento, attento, leggero, pieno di un oscuro
rispetto. Ma non si finirà dunque mai di sondare
il mistero di quella atroce sepoltura? E
il silenzio è così profondo che pare che la città
nelle vicinanze non viva la sua vita di ogni
giorno. Lo scricchiolìo sinistro di qualche trave che cede sotto le macerie dell’ edificio, il
rumore di una pietra che cade dai muri pencolanti,
hanno una risuonanza enorme. Si sente
il peso immobile e gelido di un orrore indicibile.
Meglio il campo di battaglia! I suoi
cadaveri esprimono la lotta; ma questi avanzi