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una meteora tricolore su trieste 335


loro, l’aeroplano si faceva riconoscere con segnali di luce.

Andava come una lucciola immane irradiando dal ventre chiarori intermittenti. E saliva nello spazio, sulla zona battuta dell’incursione nemica, cercato di quando in quando da proiettori irrequieti. «Siamo dei vostri!» — diceva per qualche istante la luce di segnale, e i proiettori rassicurati deviavano il loro raggio. Ma qualcuno non capiva. Si ostinava a volerlo vedere questo aeroplano notturno che navigava al margine di un bombardamento aereo. Presi nel suo chiarore, gli aviatori non vedevano più niente, niente altro che una grande stella abbacinante sotto a loro, e dovevano manovrare per allontanarsi.

Il fuoco dei cannoni antiaerei continuava qua e là, ma i nemici erano invisibili e inaudibili agli aviatori. L’aeroplano aleggiava ora sulle foci dell’Isonzo. Ha visto nella distanza tenebrosa dei fasci luminosi che solcavano il cielo. Ha capito che erano segnali nemici di richiamo.

Indicavano agli idroplani austriaci la rotta del ritorno. Dalla vetta dell’Hermada saliva un raggio possente, inclinato e fermo. La lanterna del faro di San Rocco, oltre Trieste, era accesa, e metteva sul mare uno splendore intermittente, quella familiare chiamata dei porti che guidava ogni notte, in altri tempi, le navigazioni pacifiche.