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la gloria dell'ala destra 325


svanì in una immensa cortina di fumo nero. Da laggiù il telefono chiedeva un soccorso; tiri di controbatteria; «ma se le artiglierie sono più utili altrove — diceva la voce lontana interrotta dai boati — non importa, sopporteremo tutto piuttosto che compromettere un’azione; le nostre truppe sanno quale è il loro còmpito....»

Il bombardamento andava facendosi sempre più violento, sconvolgeva tutto, e l’ora fissata per l’assalto si avvicinava. All’una e dieci l’uragano di fuoco era al colmo. L’attacco non sembrava più possibile, l’azione diversiva della destra doveva fatalmente mancare. Come potevano gli uomini abbandonare i ripari e slanciarsi in quell’inferno? Fu un istante di angoscia indicibile, di tragica sospensione. Al comando dell’ala destra si aspettava in un cupo silenzio. Ad un tratto un ufficiale al telefono ha mandato un grido: «Escono!».

L’inverosimile si avverava: «Escono, escono!... Sono usciti!» — I nostri assalivano nella bufera di acciaio. L’azione invisibile laggiù nel fumo e fra le vampe è subitamente apparsa alle menti come un evento sovrumano, ha assunto una proporzione titanica, pareva che delle forze soprannaturali e gigantesche si agitassero fra quelle nubi. Qualche cosa di smisurato si levava infatti in quell’ora decisiva: il coraggio del soldato italiano.

Uscirono i nostri nell’atmosfera di massacro,