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la manovra vittoriosa | 315 |
russare che si leva dal fondo delle trincee, l’ampio
susurro del riposo umano.
Il furore della battaglia sembra scendere al
nord. La nostra avanzata sulle vette, profonda
oltre quattro chilometri, dal Veliki Hribach al
Dosso Fajti, non fiancheggiata a sinistra lungo
i declivi selvaggi che precipitano verso il
Vippacco, coperti di foreste, solcati da burroni,
e tenuti saldamente dal nemico, aveva prodotto
una situazione singolarissima e non scevra di
pericoli. Era indispensabile volgere la nostra
attività al possesso delle balze, liberare il nostro
fianco sinistro. Ogni tentativo di avanzata
frontale era fallito. Il lettore conosce già gli
aspetti feroci della lotta nella selva impenetrabile.
Non si possono determinare le posizioni
del nemico, invisibili. Spesso l’artiglieria, svellendo
ed abbattendo gli alberi, accumula degli
ostacoli invece di disperderli. I reticolati tesi
fra tronco e tronco resistono alle granate. Quando
si arriva alle trincee nemiche si trova che
costeggiano burroni precipitosi, che il precipizio
serve da fossato. L’impeto dell’assalto è
subito spezzato da mille tranelli, da infinite
barriere imprevedibili. È la guerra senza orizzonte,
senza visione, la guerra cieca. Non si sa
mai su che cosa si possa urtare a dieci passi
di distanza.
Gli austriaci erano così riusciti a mantenere