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276 dove è passata la battaglia


do non osa distrarsi; si rimane fermi a sorvegliare un morto. Passano ronzii musicali, qualche cosa scrocchia sui sassi e sul ferrame dei «cavalli di Frisia», che vibra sonoro: pallottole sperdute. E non si vede nessuno.

La strada per Nova Villa, in qualche punto cancellata, divorata dalla guerra, tagliata da antichi camminamenti austriaci, interrotta da parapetti e da baraccamenti, sale da Oppacchiasella attraverso il tragico disordine delle posizioni espugnate. Ovunque, intorno, a perdita di vista, pare che la terra si sia mossa, che abbia avuto una sua burrasca, che si sia agitata e sconnessa in onde favolose. Un mese fa, questa spianata nuda, sulla quale non è una pietra che non sia precipitata da lontano, ci appariva ancora ammantata di boscaglie, quando la guardavamo dal Crni Hrib. Nova Villa si affacciava sulle chiome degli alberi. Le case si sovrastavano, come per guardare curiosamente l’una al di sopra dell’altra, e la chiesa, fiancheggiata dal campanile bianco, le dominava tutte. Il campanile era un osservatorio austriaco, e le trincee nemiche cingevano il paese, tutto scavato da rifugi. Il cannone sfrondò, stroncò, abbattè, demolì, bruciò.

Gli alberi sparivano, giorno per giorno, come se il bosco fuggisse. Le opere austriache si rivelavano a poco a poco sull’altura spogliata. Nova Villa, bombardata, diminuiva, si