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l’avanzata 267


fiche di piombo, pronti a voltare lo scudo nella direzione del fuoco. Ma le truppe avanzate del nemico erano poche, stordite dal bombardamento. Dai rifugi, dalle caverne è balzato fuori il grosso. Al di là di ostacoli che bisognava demolire, comparivano talvolta disciplinati allineamenti di kaiserjäger che aprivano il fuoco eretti, come nelle vecchie guerre. Più spesso le raffiche della fucileria e delle mitragliatrici partivano dall’invisibile, pareva che sprizzassero dai sassi, dagli alberi, dai cespugli giù per burronceìli scoscesi, fra intrighi di fili di ferro e di rovi. Bisognava per passare rimontare alla testata dei greti, manovrare, infiltrarsi in angusti varchi, mentre il nemico tentava contromanovre e aggiramenti. Erano infinite minuscole battaglie di plotoni, assalti di drappelli, urti di gruppi, gridi di «Savoia!», gridi di «urrah!», colpi di granate a mano, colpi di baionetta.

Un po’ per tutto la lotta ha avuto di questi accanimenti. Sorpassata in molti punti, al primo balzo, la linea avanzata delle trincee nemiche, il combattimento si è spezzato in episodi senza fine. Perchè le trincee avevano salienti, rientranze, erano in qualche posto doppie, triple, e con i camminamenti formavano labirinti di solchi, pieni di nemici, vivi e morti. Le truppe che inoltravano, prese di fianco da fuochi d’infilata, dovevano retrocedere, mutar fronte,