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266 | l’avanzata |
tuose, serpeggianti in ogni verso, scavate profondamente
nella roccia, mantengono spesso una
gran parte del loro valore anche quando i parapetti
sono demoliti, quando tutto alla superficie
del suolo è abbattuto, sconvolto, disperso.
Solo la piccola percentuale di colpi che cadono
dentro al solco è quella che veramente distrugge
e massacra. Così il bombardamento che ha
schiacciato le opere di difesa alla destra, non
le ha egualmente annientate alla sinistra, dove
boscaglie fittissime salgono dal Vippacco fino
alle vette e tutto nascondono. Quello che celassero
i boschi soltanto l’assalto ha saputo.
Alla nostra sinistra la lotta è stata accanita, disperata, selvaggia e lenta. Ha avuto degli aspetti antichi. Una lotta al coltello, nell’ombra della foresta. Oltre ai reticolati tesi fra tronco e tronco, v’erano delle reti metalliche disposte in ogni verso. In queste immense ragnatele di acciaio, i nostri plotoni esploratori andavano avanti, passo passo, tagliando i fili, aprendo un varco dopo l’altro. Erano plotoni corazzati, col casco pesante fatto a cuffia, la gorgiera, le spalliere, coperti di armatura come guerrieri medioevali, muniti di scudo. Erano i fantastici pionieri della battaglia. A loro si arresero i difensori austriaci dei posti avanzati. Dovevano far paura quegli uomini di ferro, invulnerabili ai colpi, imperterriti nelle raf-