Pagina:Barzini - Dal Trentino al Carso, 1917.djvu/270

260 l’avanzata


zio, un gran ristagno, un senso di torpore. Tutto pareva annunziare la sosta, una di quelle pause che possono prolungarsi per lunghe settimane e che caratterizzano la fine di una fase dell’offensiva. Sembrava giunto il giorno in cui non rimane che fare il bilancio dei risultati ottenuti. Quando ad un tratto la battaglia ha ripreso.

Ha ripreso al centro, in direzione di Locvizza, poi si è estesa ai fianchi. Si è andata risvegliando a nord e a sud, sotto al Veliki Hribach e al di là di Oppacchiasella, giù per i valloni boscosi che declinano scoscesi verso San Grado e oltre Nova Villa. L’azione progrediva tumultuosa lungo la fronte come rinfiammarsi di una striscia di polvere. Nelle prime ore del pomeriggio la battaglia ridivampava anche ai limiti della pianura di Gorizia. Dal ciglione del Nad Logem si scorgeva una tempesta di esplosioni lungo la linea del Vertoibizza. L’artiglieria austriaca era presa da quel parossismo che indica la preparazione di un attacco. Un sole smorto inondava la piana, e i campi variopinti dall’autunno balenavano di colpi e si velavano qua e là di fumo. I grossi calibri nemici battevano le borgate di Sant’Andrea, di Savogna, di San Pietro, tempestavano Merna, Rupa, Pec, Vertoiba. Sorgevano impetuose, sul biancheggiare trito delle case dirute, le immense nubi sinistre delle granate, e Gori-