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il colpo di spalla 257

del Veliki appare nuda, e il suo fianco meridionale declina scoperto e rossastro verso il Pecinka. Le nostre posizioni di partenza, in gran parte nel bosco, erano indicate alle artiglierie da segnali al di sopra degli alberi.

Come ha capito il nemico che l’assalto era imminente? Nell’ultimo minuto di attesa tutta la sua artiglieria è entrata in azione. La pianura si è velata. Colonne immani di fumo color di ruggine passavano su San Grado. Si sono visti i segnali agitarsi, avanzare, sparire. «Vanno avanti! Vanno avanti!» — si sente gridare dall’osservatorio nel frastuono spaventoso. È l’assalto.

Non si ode l’urlo degli uomini nell’immenso tumulto dei colpi. Ai piedi del Veliki, sul tratto scoperto, si vede il brulichìo della massa che si avventa. Poi tutto si oscura, tutto svanisce. Il suolo sussulta di esplosioni vicine. Un picchiettio di schegge da tutte le parti. Il casco di un ufficiale osservatore, colpito, manda un suono metallico; l’ufficiale; trasmette indicazioni ad una batteria da montagna ed è così preso dal fervore del suo compito che non si accorge di niente. Il generale vicino a lui tende il suo volto magro ed energico con una attenzione spasmodica e mormora qualche cosa a sè stesso, gli occhi socchiusi, fermo come una statua.