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250 il colpo di spalla

congiunsero, in alcuni punti si raddoppiarono. Alla fine di settembre tutta una nuova seconda linea si era formata, con i suoi camminamenti e i suoi reticolati.

Avremmo voluto attaccare subito, tutto era pronto, ma il cattivo tempo ci teneva immobili. La stagione ha protetto il nemico. Ha interrotto la nostra azione di settembre ed ha ritardato la battaglia di ottobre, quella d’oggi. Il sereno arrivava, le artiglierie iniziavano in un’atmosfera limpida e luminosa il loro tremendo lavoro di demolizione, la fanteria si ammassava, e il giorno fissato per l’assalto sorgeva in un’alba tenebrosa e piovosa. Bisognava attendere e ricominciare. Il Carso è stato scosso a vari periodi, così, da bombardamenti spaventosi, preludi terribili di battaglia interrotti dalle intemperie. Ma nessuno ha raggiunto la violenza infernale dell’ultimo, di quello definitivo, che si è scatenato ieri ed oggi, e che continua.


Da Gorizia al mare è tutto un tuono, tutto uno schianto, un fragore atroce che sbalordisce, che annichilisce. Per scambiarsi una parola è necessario spesso aspettare un attimo di affievolimento del rombo immane. È un rullo di cannonate, uno scrosciare infinito di boati, di scoppi, di rimbombi, di ululati, di clamori possenti e soprannaturali, e si è squassati dagli spostamenti dell’aria lacerata dai colpi vi