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224 seguendo la battaglia


Delle granate cadono nel Vippacco sollevando gigantesche colonne di acqua e di fango, e il fiume intorbidato ribolle fra le rive folte di salici.

Battono anche il Nad Logem, i grossi calibri, e il Vallone. Al rombo lungo, pesante, cupo e affannoso delle granate che lacerano l’aria, segue un boato spaventoso che ricorda lo scoppio delle maggiori mine nelle cave di granito. La terra sobbalza, e per decine di secondi dura lo scrosciare formidabile dei macigni che ricadono, una cateratta di rocce. Quando tutto sembra finito, arriva la grandine delle schegge, dei detriti, delle pietre più piccole che hanno fatto un volo più vasto. L’artiglieria nemica cerca le arterie di transito e i nostri cannoni, che rispondono dieci colpi per uno. Il Vallone è pieno di rimbombi e di boati; echeggia tutto in un tuono perenne; è una spaccatura urlante. Ogni cannonata vi sveglia una tempesta. Miriadi di proiettili lo attraversano. Percorrendolo bisogna rinunziare a comprendere quali sono i colpi che partono e quelli che arrivano. È tutto un fragore senza sosta. I suoi declivi selvaggi sono costellati di vampe e di nubi. I cannoni scagliano al di sopra della sua ombra masse sibilanti di acciaio. Talvolta bisogna rimuovere dai sentieri delle pietre cadute per poter passare. Fra cannoni nostri e cannoni austriaci è una moltitudine di pezzi che non si era mai vista.