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l'attacco 217


Correvano anche loro in uno svolazzamento di cappotti fulvi. Sfilavano curvi, uno dietro l’altro, in una fila che coronava tutta l’altura. Si precipitavano apparentemente verso i nostri. Poi il loro movimento si è fatto confuso, la loro fila si è spezzata, vi è stata un’agitazione inestricabile, un folle e veloce groviglio d’uomini.... È la mischia? È la resa? Che avviene? Che avviene? Quale spasimo non sapere!

Passano venti, trenta secondi. La fucileria scroscia, il fumo delle granate erompe a nubi, si sfiocca. Ed ecco apparire una oscura massa di gente che precipita giù per la stessa strada che aveva fatto l’assalto. Perdio, che avviene?... Cerchiamo di distinguere, oppressi.... «Prigionieri! Sono prigionieri!» — urlano delle voci commosse e esultanti. Si riconoscono bene, sono loro, hanno il «palamidone». Scendono verso i nostri rincalzi. Sono inseguiti da shrapnells austriaci. Hanno tutti le braccia levate Una tempesta di mani. Alcuni sventolano i fazzoletti, che roteano in aria come farfalle bianche. I prigionieri scivolano, cadono, saltano, scavalcano muricciuoli a passi stravaganti, per sottrarsi presto al fuoco. Il prato sul quale è passato l’assalto brulica tutto di loro. Si ammassano in un angolo morto, e più calmi infilano i camminamenti, circondati da un luccichio di baionette inclinate. Sono molte centi