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nella "trincea del sogno" 195


cio. Tanti non sembrano neppure morti, e le squadre silenziose dei raccoglitori debbono dischiudere a forza le dita fredde dei caduti, attanagliate sulle canne e sui calci dei fucili.

Presa l’altura si è visto che era un nido di agguati. Gli appostamenti di mitragliatrici contro i quali l’assalto si dirigeva veemente, avevano delle mitragliatrici false. Mentre i nostri vi balzavano addosso, le mitragliatrici vere, mascherate, aprivano il fuoco d’infilata da punti imprecisabili, e da dietro il Cosich l’artiglieria batteva di fianco. Le caverne di rifugio sulla vetta avevano sbocchi laterali, orientati in modo che i nostri cannoni non potessero danneggiarli, e, correndo lungo la trincea, intorno al cucuzzolo, gli austriaci, lasciati i ricoveri, entravano in azione in un minuto.

Ai piedi della collina, sul rovescio, un dedalo di camminamenti conduceva alle grandi caverne delle riserve, capaci di battaglioni. Profonde, vaste, formano una città sotterranea nella quale ci si sperde. Tutte le pareti ne sono rivestite di legno; dai soffitti pendono innumerevoli lampade elettriche, che si allineano nei corridoi come i lampioni delle strade. Vi sono tubi di ventilazione e tubi di acqua potabile. Depositi, magazzini, polveriere, dormitori per la truppa, alloggi per gli ufficiali, si aprono successivamente a destra e a sinistra del cuni-