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nella "trincea del sogno" 193


tima è la «Trincea del Sogno». Pareva fino a ieri un sogno arrivare lassù e rimanervi.

Quella collina da sola ha consumato più energie umane di una battaglia antica. Pareva facile, accessibile, poco fortificata. Era una gibbosità sassosa, con un trinceramento austriaco fatto di sacchi, verso la cima, e dei «cavalli di Frisia». L’ammassamento per l’assalto si faceva ai fianchi, dietro la protezione di muricciuoli a secco. Dopo bombardamenti intensi che sparpagliavano i «cavalli di Frisia», che sconvolgevano la vetta, che demolivano la trincea, e che pareva non dovessero lasciare niente di vivo lassù, l’assalto si sferrava, avanzava urlando, arrivava alla posizione austriaca.

Improvvisamente la trincea sconvolta si popolava di nemici, emersi non si sa come, le mitragliatrici ed i fucili falciavano gli assalitori. I nostri, fermati, dovevano rimanere ammassati sotto alla trincea. Nessuno poteva soccorrerli, la loro estrema vicinanza col nemico paralizzava il fuoco. E gli austriaci, con insolenza odiosa, profittavano della tragica tregua per mostrarsi sui parapetti, fumando e facendo segni di dileggio. Non avevano rispetto per il sacrificio, per l’eroismo e per la morte.

A nulla giovava aumentare il numero dei cannoni, prolungare la preparazione, modificare la manovra della fanteria. I risultati erano sempre quelli: l’assalto era fermato, i rin-