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vano a strati regolari, rapidamente, dal lato del nemico, formando baluardi bucati da feritoie.

Gli uomini che non erano di turno per il lavoro dormivano nel fondo della fossa, urtati dal va e vieni delle squadre. Arrivavano dalle trincee di approccio, che erano state trincee di combattimento fino a ieri, file di soldati curvi e ansimanti, portanti sulle spalle casse di munizioni e mitragliatrici. Bombe e cartucce erano distribuite tacitamente lungo le posizioni. Senza rumore, le scarpe avvolte di stracci, delle pattuglie partivano in ricognizione, scavalcavano i parapetti e sparivano nella notte chiara, a passi di cacciatore, precedute dagli ufficiali. Tutta la zona, fino oltre gli acquitrini, fino al nemico, era esplorata, e dopo lunghe ore le pattuglie rientravano facendo il segnale di riconoscimento.

Quando il giorno è sorto, questa mattina, si è vista la nuova posizione austriaca, la Quota 77, percorsa da trincee di sassi costruite nella notte, tutta fasciata dalle linee grigie delle difese improvvisate, e fra i cespugli un fulvo intrico di «cavalli di Frisia». «Eh! ci vuol altro!» — dicevano i nostri osservando il lavoro del nemico; e lo guardavano, lo studiavano, stanchi ma contenti, pensando all’assalto prossimo.

Vivevano in vicinanza dei cadaveri, la col-