Pagina:Barzini - Dal Trentino al Carso, 1917.djvu/199


nella "trincea del sogno" 189

Alla destra, l’Adriatico apriva la sua distesa argentata, senza onde, ferma, metallica, e mandava fino ai nostri il suo grande alito salato, tepido e lieve. Duino sporgeva sul suo sperone massiccio a disegnare il nero profilo della sua torre sullo specchio lucente del mare. Ogni pochi minuti, un rimbombo, poi un ululato nel cielo pieno di stelle, e sulla Quota 144 sprizzava il bagliore di uno scoppio di granata. Dei colpi di fucile, di tanto in tanto, sfuggiti all’ansia di qualche vedetta nemica.

Verso la metà della notte si sono uditi dei rombi di aeroplani invisibili, lontani, e il cielo all’orizzonte, in direzione di Grado, si è costellato di uno sfavillamento di esplosioni. Qualche incursione aerea degli austriaci. Il luccichio degli shrapnells è durato quasi un’ora, poi si è estinto.

Nella nostra prima linea, sulla Quota 121 e sulla Quota 85, un brusìo lieve, un lento muoversi di ombre, un sussurro cauto. Apprestavamo anche noi parapetti e difese.

Trasformavamo in trincee i camminamenti nemici al rovescio dell’altura conquistata. Nei profondi passaggi scavati entro la roccia, bersaglieri e fantaccini, di reggimenti che hanno bagnato del loro sangue ogni pietra di queste colline feroci, riempivano con le mani sacchi a terra, e se li passavano l’un l’altro. I sacchi, bitorzoluti di schegge e di detriti, si accumula-