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182 | il san michele espugnato |
I camminamenti e le trincee, che coprono per ogni verso il monte, complicati come le venature di una foglia, scavati nella pietra, fiancheggiati, da cumuli immani di sassi, blindati con travi di ferro e sacelli pieni di quella terra rossa che pare impastata di sangue, rafforzati da corazze di acciaio, difesi da selve di reticolati rugginosi, sono stati disfatti qua e là dagli esplosivi. La guerra attuale ha fatto nascere esplosivi nuovi, nitrati e picrati di potenza favolosa. In certi punti le nostre bombarde hanno cancellato ogni vestigia di trincea nemica. Le hanno ridotte in fiumane di schegge, in petraie vaste come letti di torrenti. Non vi è palmo di terra che le granate non abbiano scavato. E in questa convulsione di rocce spezzate, sono sparpagliati fucili rotti, strumenti da lavoro contorti, avanzi umani.
Vi sono cadaveri di battaglie ormai lontane, mummificati entro uniformi terrose, cadaveri di ieri. Ecco dei soldati nostri caduti in fila ieri mattina, all’ultimo assalto, falciati da una mitragliatrice: alcuni di loro tengono ancora nella mano cerea il fucile colla baionetta inastata. Sono morti nel momento della vittoria, a pochi metri dalla trincea nemica, e sembra che si inerpichino ancora tanto il loro gesto eterno ridice l’impeto.
Migliaia di bombe a mano sono sparse per terra, bombe a pigna, a palla, a lente, cilin-