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il san michele espugnato 181


Il Vippacco taglia la battaglia in due. Due campi diversi, due aspetti diversi. Si potrebbero dire due battaglie: quella di Gorizia e quella del Vallone. Una s’inarca oltre il bordo della pianura goriziana, da Salcano a Merna. L’altra s’ingolfa in una valle angusta, tortuosa, dalla quale risale per un caos di costoni e di groppe. Per contemplare il Vallone bisogna salire il San Michele. Quale spettacolo lassù!

Vi è nelle tracce della lotta finita ieri una così formidabile violenza, la terra stessa ha nei suoi squarci e nei suoi sconvolgimenti un tale aspetto di furore, Vi è tanta agitazione nella immobilità delle cose, che pare che tutto abbia combattuto. È stata una tempesta favolosa di macigni, di uomini, di alberi. Non vi è una pietra che sia rimasta al suo posto. La montagna ha sepolto quello che aveva sopra, e ha scagliato a blocchi intorno la roccia delle sue viscere.

Ogni campo di battaglia abbandonato è spaventoso, perchè solo l’orrore vi resta. Vi resta quello che è morto, lacerato, spezzato, calpestato. La guerra lascia sul campo il suo passivo. L’eroismo, il vigore, l’entusiasmo, la speranza, la vita, si sono allontanati in tumulto. Finchè vi sono loro, il resto sfugge; essi urlano, penetrano, travolgono. Ma nessun campo di battaglia ha mai raggiunto la tremenda e angosciosa grandiosità di quello del Carso.