Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
il san michele espugnato | 177 |
falcone e sulle sue colline devastate. Non una fucilata, non un colpo di cannone. Tutto sembrava dormire sotto il cielo nuvoloso. La città diroccata e le posizioni sconvolte parevano affrante, dopo i cruenti combattimenti di ieri. Il torrione della Rocca, sbocconcellato dalle granate, si ergeva fra le boscaglie sfrondate a sorvegliare un paesaggio di silenzio. Il Cosich, appena conquistato, arrotondava sullo sfondo della conca di Doberdò la sua groppa irta di mozziconi d’albero, e pareva deserto. I nostri soldati si erano già insinuati nei camminamenti’ austriaci entro la gola fra il Cosich e il Debeli, ma nulla si scorgeva. L’attacco del Debeli poteva essere imminente: niente lo annunziava nella calma profonda e grigia. Doberdò era invece in tumulto.
L’artiglieria austriaca batteva rabbiosamente Doberdò, le cui case bianche, sventrate e senza tetto, sembravano fluttuare pallide in una caligine agitata. Tutto il vallone, che si apriva brumoso e diafano, era costellato di nubi di esplosioni. La linea della battaglia, indicata dagli scoppi, saliva già le pendici a oriente del Vallone, incerte nella foschia di un’alba piovosa, e sulle quali un folto di vegetazioni metteva come una coltre oscura, vaporosa, azzurrastra.
Il combattimento pareva avesse sorpassato Oppacchiasella.