Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
174 | il san michele espugnato |
San Martino, sul Monte Sei Busi, e intorno a Monfalcone. Il Carso era sempre pieno di nubi. La sua mole rossastra e rocciosa, dalle vette spelate, scorticate e come sanguinanti, era costellata di nubi e rombante di esplosioni. Attacchi e contrattacchi si seguivano incessanti.
Pareva che lassù il nemico non si fosse accorto che l’Isonzo era varcato, che la pianura era invasa, che Gorizia era sorpassata dalla battaglia, e che le nostre forze gravavano ora sul suo fianco destro.
Domenica, mentre si espugnava il Sabotino e il Calvario, espugnammo d’impeto le quattro vette del San Michele, che sembrano quattro vertebre di una schiena. Un contrattacco ce ne ritolse due. Tornammo all’assalto, riconquistammo le cime, ci consolidammo. Ma eravamo fermati da immensi labirinti di fortificazioni. Lunedì gli austriaci tentarono di ributtarci indietro. Non riuscirono. Martedì rinnovammo la spinta in avanti. Non riuscimmo. Mercoledì nella mattina, quando la nostra cavalleria irradiava i suoi tentacoli galoppanti oltre il ponte di Lucinico, il nemico risalì al contrattacco del San Michele con forze fresche. Fu respinto. Alla sera riprendemmo noi l’azione con energia disperata. Volevamo passare, dovevamo passare.
La lotta sul Carso pareva indecisa. Ma era troppo lunga, troppo continua, troppo tenace,