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a gorizia 163

la cronaca della presa. Ed ora entriamo anche noi nella città conquistata. Il lettore ci segua pazientemente nel tumulto delle nostre impressioni, alle quali non è possibile dare un ordine.

La strada che da Lucinico va al villaggio di Podgora attraversa l’altissima banchina ferroviaria in un lungo sottopassaggio, oscuro, barricato con travi. Era un rifugio austriaco, una sede di comandi. Per qualche ora è un nostro quartiere generale e un posto di medicazione. È una galleria fantastica, ampia, ingombra di bottino, piena di casse, di armi. Delle lampade elettriche spente pendono dalle travature, e si va nel buio, fiancheggiando strani edifici, casette di legno erette lì dentro come le stazioni sotterranee del Sempione. Passano dei feriti, si odono dei comandi, degli ufficiali si affollano intorno al generale che impartisce ordini, presso uno degli sbocchi, seduto ad una tavola coperta di carte. Pare di essere in una miniera. Dei soldati gridano: Largo! Largo! — e trascinano delle cose pesanti. Sono cannoni presi al nemico. Improvvisamente, il sole. Si sbocca nel villaggio.

L’ultimo bombardamento nostro lo ha devastato. Tutto è in rovina. Da ogni parte, cadaveri austriaci giacciono nell’atteggiamento in cui sono caduti, con le loro granate a mano nel