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152 il guado dell’isonzo


La battaglia continua, ed è tutta sotto il nostro sguardo. Quella confusione di collinette che dà alla vallata di Oslavia un aspetto tempestoso, appare dall’alto schiacciata, livellata, e si distende ai nostri piedi, solcata da trincee e camminamenti, in ogni verso, tracciati in tutte le direzioni colme i segni di scritture sovrapposte sopra una vecchia carta asciugante. È in questi profondi grovigli di trinceramenti, in questi complicati sistemi difensivi che il bombardamento non può interamente distruggere, che l’avanzata nostra ha trovato la più dura resistenza.


Dal Sabotino si seguiva ieri l’avanzata passo passo, lenta, dura, ma costante. Dense raffiche di shrapnells nostri staffilavano furiosamente le posizioni nemiche, e dalla terra crivellata da miriadi di pallottole salivano masse così dense di polverone che si sarebbe detto fossero sollevate dal passaggio di innumerevoli automobili.

Alle sette di ieri sera Oslavia, la tremenda Oslavia, tomba di battaglioni, appariva già superata. Il fuoco si spostava. I grossi calibri austriaci mettevano sui ruderi oscuri e informi del paese l’eruzione veemente dei loro colpi. Ma altre cannonate austriache che annebbiavano tutta la riva destra dell’Isonzo, bassa e vellutata da prati, indicavano l’estensione del nostro movimento avvolgente.