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il guado dell’isonzo 151


che fila. Il fumo avanza all’interno. È sempre più umano dei gas asfissianti.

Per qualche ora la guarnigione resiste all’attacco. Poi, improvvisamente, gli elmetti dei nostri soldati in agguato, che sporgevano immobili sul pietrame, si agitano. Delle voci gridano qualche cosa, le baionette balenano. E ad un tratto il primo austriaco compare alla luce, con le mani levate, disarmato, un tipo atletico, biondo, che ha delle mostrine azzurre al collo dell’uniforme. E dietro a lui un altro, dieci, venti, cinquanta, cento....

La tana vomita uomini in fila, lentamente. Pare che la loro processione scaturisca dalle rocce, per magia, come una sorgente umana. Questa volta la montagna partorisce austriaci. Sono centinaia e centinaia. A drappelli, in fila indiana, scendono fra i macigni, scompaiono, e si vedono riapparire giù in fondo, sui primi prati solcati da camminamenti.

Altre carovane di prigionieri passano intanto laggiù, in corteggi che non hanno fine, che si sgranano lentamente. Migliaia di austriaci. Vengono dalla battaglia. Sono stati presi a San Mauro, ai piedi del Sabotino, sull’Isonzo.

In certi momenti l’artiglieria nemica li scorge e manda qualche shrapnell di addio fraterno. Allora la fila indiana degli ometti acquista una singolare rapidità. I prigionieri corrono verso questa benedetta terra nemica.