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notte veneziana di guerra 5

Un colpo di cannone squarcia il silenzio.

È il secondo segnale.

Un ululato sovrumano erompe, il grido inatteso di una sirena. Altre sirene lontane, da ogni quartiere, rispondono. È un coro di clamori lamentosi, lugubri, violenti, disperati. Poi il silenzio si ricompone, profondo, assoluto.

Gli ultimi minuti passano lenti, pesanti, sinistri, come quelle epoche incommensurabili che trascorrono nell’incubo. Venezia! Venezia!

I tuoi assassini arrivano!... Eccoli!...

Scie sfavillanti di razzi azzurri zampillano e s’inarcano nel cielo. Da ogni parte erompono candidi raggi di proiettori. Sprizzano scintillamenti lividi lungo le rive e scroscia veemente un martellare serrato di mitragliatrici. Scariche di fucileria si succedono, più lontane, con quel loro rumore di cosa che si laceri. L’orizzonte si accende di un palpitare tumultuoso di vampe, e il severo profilo di Venezia si disegna più tagliente e più nero contro il balenìo; l’artiglieria ha aperto il fuoco.

Cupi e echeggianti i colpi di cannone si sgranano.

La notte è tutta solcata dai soffi canori dei proiettili, e, alti sulla città, shrapnells e granate scoppiano ininterrottamente, a stormi, con immenso fragore, punteggiando il sereno di vividi bagliori che gettano sulle cupole e sui campanili un tremolìo di riflessi.