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138 l’assalto prodigioso


le artiglierie nemiche bruciando i loro rifugi. Si tirava anche sul San Gabriele, covo di cannoni, sul Monte Santo, il cui convento, sopra la vetta, mezzo demolito, appariva e spariva nelle cirrosità degli scoppi.

Per non scoprire le loro batterie, gli austriaci hanno cessato quasi interamente di rispondere. Riserbavano tutti i loro mezzi per la difesa al momento dell’assalto, secondo la buona tattica. Non potendo controbatterci, aspettavano che la nostra fanteria si mostrasse, per fermarla con repentine concentrazioni di fuoco, mentre la loro fanteria sarebbe emersa dalle caverne per guarnire le posizioni abbandonate nel bombardamento.

Soltanto, il nemico non credeva forse ad un assalto imminente. Alle tre e un quarto i nostri tiri sul San Michele si sono improvvisamente allungati. Battevano i rovesci. Le nubi delle esplosioni sono sorte al di là delle creste. Nella Sella di San Martino, verso il bosco Cappuccio, che non esiste più che di nome, nel declivio brullo era un palpito di vampe, che indicava l’entrata in azione di piccole artiglierie. Cominciava la battaglia degli uomini, l’urto delle masse.


Osservando l’azione dalle alture che fronteggiano Gorizia, non si potevano vedere gli uomini sul San Michele, lungo i costoni riarsi,