Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
notte veneziana di guerra | 3 |
nero come marmo antico, nel vario e fantastico paesaggio di cupole e di cuspidi, entro nicchie blindate vegliano le vedette del fuoco, degli operai della Fabbriceria, e altre guardie volontarie sono disposte sulle balconate della facciata e sui culmini del Palazzo dei Dogi.
I pompieri aspettano l'allarme sopra le loro macchine galleggianti nel Rio.
Anche nell’interno della Basilica la sorveglianza è in fazione. Un uomo vigila nel cuore di quella massa di tenebre, immensa e paurosa, solcata da tenui riflessi d’oro sospesi al ciglio di archi invisibili, percorsa da barlumi lievi e lontani che sembrano apparire nelle profondità smisurate di un cielo notturno. La luce flebile della lampada solitaria che arde da sette secoli avanti alla Pietra del Miracolo si sperde; la Chiesa non ha più limiti nell'ombra; essa allarga all’infinito la vastità sontuosa delle sue sagome; abbraccia la notte. Ma quando la luna arriva a sfiorare le cupole, gli occhi che coronano le loro basi si empiono di diafanità e formano rotonde collane di pallori misteriosamente sospese nel buio.
Sono le undici e mezzo. Improvvisamente, le rare lampade della città si spengono. Spariscono le fioche luci azzurre e senza splendore che incastravano la loro fosforescenza qua e là nel labirinto fosco dei porticati e dei crocicchi, copie quelle lucciole immobili che co-